Liberi di essere – Folletti

Articolo tratto dal blog di Andrea Ferrari (andreaferrari.wordpress.com)

#PensieriSparsi, sabato 12 maggio 2018

“La clown-terapia è l’uso delle tecniche del clown e del circo a favore di chi soffre un disagio , psichico o sociale in corsia d’ospedale, in che di riposo o in comunità psichiatriche. Il Buon umore e il ridere possono essere considerati una terapia”.

Questo era il testo introduttivo stampato su un volantino distribuito dall’associazione “I Folletti” che un mese fa Cy stava leggendo, la promozione di un “Corso di formazione per Clown di corsia”. Un corso che io, ora, difficilmente farei.

Si teneva il fine settimana del mio compleanno, giorni che normalmente sfruttiamo per passare del tempo insieme, io e lei. Quest’anno no. Quest’anno sono stato contento che lei abbia potuto essere partecipe di una iniziativa a cui pensava a tanto tempo e il 14 e 15 aprile l’ho passato osservando e fotografando questo gruppo di persone che, incuriosito e timoroso, si era presentato per imparare come ci si deve muovere in ambienti emotivamente difficili per provare a portare un sorriso a persone che soffrono. Tra di loro non solo Cy ma anche un altro paio di perone che ho imparato a conoscere bene in questi ultimi due anni: Alessandra e Federico, soci del mio circolo fotografico e soprattutto amici.

Quanto si stavano sbagliando.

Quando sono arrivato al pomeriggio del sabato per provare a salvare qualche ricordo con la mia macchina fotografica, mi sono trovato totalmente spaesato, fuori dal contesto in cui immaginavo mi sarei trovato. Vedevo i miei amici e i loro compagni fingersi indiani o cowboy per poi improvvisarsi bambini o vecchi; poi urlavano, ridevano, piangevano per finta prima di immergersi in un irreale silenzio. Il tutto comandato da un tipo con un naso rosso sulla faccia: Mattia Bidoli in arte “Flip”.

Mattia, si io preferisco chiamarlo per nome, è in grado di fare cose così, anche se questo è solo l’apparenza delle sue capacità, il guscio esterno. Osservando le persone che conoscevo meglio, ho compreso che la vera “magia” di cui lui è maestro è l’empatia che gli permette di trasmettere emozioni, di coinvolgere, portando le persone a fare cose che nella quotidianità terrebbero chiuse dentro di loro. La sua non è solo capacità dialettica, fondamentale ma non sufficiente; lui ha il dono di aiutare le persone ad uscire dal loro guscio.

Il “corso” fatto con Mattia in realtà è questo. Nessuno insegna come ci si deve comportare in determinate situazioni, in certi ambienti, anche perché è impossibile da fare. Il gestire le emozioni non si impara a livello teorico e didattico, lo si può comprendere solo guardandosi dentro e afferrando le proprie sensazioni per renderle al prossimo.

In quel giorno e mezzo di vita assieme, ho visto le persone trasformarsi, Cy e i miei amici cambiare. Che poi, “cambiare” non è la parola adatta. Li ho visti riscoprisi, guardarsi dentro e tirare fuori le parti di loro che meno conoscevano o che più semplicemente tenevano nascoste in profondità, per paura di mostrarle o di affrontarle. Ho intuito da molti degli sguardi letti attraverso il mirino della fotocamera, che quasi tutti loro si liberavano di quella maschera che gli permette di affrontare la quotidianità, i dispiaceri e le difficoltà.

Le persone costruiscono nel tempo muri che le proteggono da loro stessi, a volte stipandoci i dolori, quasi sempre per proteggere la parte sensibile e delicata in modo che non venga ferita. L’attuale società è ricca di menefreghismo e arrivismo; chi esprime sensazioni profonde come fiducia, amicizia, allegria e tristezza viene spesso visto come un debole, o peggio un falso che vuole solo fregarti. Vengono privilegiati atteggiamenti duri, dubbiosi. Questo porta le persone sensibili a mettere nel profondo dell’animo la parte curiosa e gioviale che poi è quella che li porterebbe ad impegnarsi per aiutare gli altri, noncuranti che siano amici, colleghi o perfetti sconosciuti. Nascondere qualcosa vuole però dire occultare la parte più reale, quella che li rende quello che sono. Soffocano il loro IO, per adeguarsi alla vita di massa, per non essere giudicati o peggio emarginati.

Grazie a Mattia, lentamente la corazza che proteggeva ognuno dalle proprie paure, si sgretolava e tornavano a convivere con la parte vera, con le loro sensazioni, la loro emotività. Dalle parole dei vari partecipanti, dai loro racconti al termine di ogni sessione di lavoro, quando seduti in circolo erano costretti a confessarsi, si intuiva che avevano riscoperto piaceri come il fidarsi del prossimo, il liberare la parte bambina che ognuno ha sempre dentro, il mettersi in gioco e l’importanza di volersibene di prendersi cura della propria mente, fondamentale se si vuole essere in grado di portare il bene a chi soffre. Perché chi non si è in grado di donarsi un sorriso, non si è in grado di offrirlo agli altri.

Ognuno di loro era tornato Libero di essere se stesso. Impossibile dire se per il tempo del “corso” o per il resto della vita, ma ognuno di loro credo abbia compreso che  nascondersi ai demoni gli toglie la vita, perché li costringe ad essere qualcun altro. Magari più adatto a sopportare una società che soffoca, ma pur sempre qualcun altro e nel mondo reale non esistono supereroi incappucciati.

All’inizio del testo ho scritto “un corso che io difficilmente farei”, nonostante abbia visto negli occhi di amici e sconosciuti che li ha liberati.

Non lo farei perché io dentro di me tengo i miei demoni e li conosco tutti, non li esterno, ovvio, ma non li chiudo in profondità per dimenticarli. Insicurezza, timidezza, senso di inadeguatezza, paura sul futuro o insoddisfazione, li tengo in me e provo ad affrontarli ogni giorno. Anche se non li ho mai sconfitti, li guardo negli occhi e cerco di fare il possibile per tenerli a bada. Sono le mie stesse paure a portare fuori le emozioni necessarie in tante situazioni. Se serve che sia serio e professionale, attento ad ogni particolare devo poter lottare con il demone opposto. Di solito dico che entro in una “modalità operativa”.

Se le esternassi, se le accettassi non so se sarei più in grado di sfruttarle per essere quello che sono. Sarei probabilmente un altro e non so se posso permettermelo, non voglio. Io sono quello che mostro, nel bene e nel male perché conosco i miei limiti.

Per questo dico che anche con i miei demoni, io mi sento libero di essere.

So long
A.

N.B. Le immagini a seguire sono tra quelle che sono riuscito a scattare prima di essere coinvolto “mio malgrado” nei giochi di Flip. Sono tante, la selezione stavolta è stata fatta relativamente e per un motivo semplice: non è un portfolio fotografico ma una raccolta-ricordo per chi al corso ha partecipato attivamente e che voglio possa ritrovarsi e rivivere più emozioni possibili.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *